Nell’ambito del progetto “Il Ceppo dei Lettori Selvaggi” pubblichiamo la recensione di Sina Addisu al racconto “La ragazza della panchina” tratto dalla raccolta “Mastica e sputa” di Pino Roveredo.

Una panchina per tutti

Tutti abbiamo una panchina. La mia è bella, comoda e spaziosa. La mia panchina è il luogo in cui allontano la solitudine e vivo attimi di condivisione che danno un senso alla mia vita. Ecco, questo è una panchina, l’occasione di dare un significato alla propria grigia esistenza.

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È così anche per Sonia, protagonista de La ragazza della panchina in Mastica e sputa di Pino Roveredo. Sonia ha una panchina ”vecchia, scrostata e piena di scritte innamorate e offese” ma, quando lei è seduta lì, si sente la regina del suo mondo.

In poche ma dense pagine Roveredo riesce a creare empatia tra Sonia ed il lettore, che alla fine si  immedesima completamente nel personaggio, finendo per ritrovarsi seduto su quella panchina insieme a lei, che riesce a trasportarlo in una realtà diversa, lontano dal popolo del Belpensiero, quello pronto a giudicarti e ad etichettarti.

Una donna alcolizzata è una vergogna, ma per Sonia “anche un sorso di quel liquido tremendo è un modo per stare alla larga dal mondo”, un mondo che non l’ha capita, che l’ha solo giudicata ed esclusa, al punto che lei di confusione in confusione si è persa dentro un flacone di alcol etilico.

Entrare dentro una panchina resta, allora, per Sonia l’unica vita possibile o forse sarebbe meglio dire l’unica forma di sopravvivenza possibile.

In queste poche pagine è racchiusa una grande lezione di vita: mai arrendersi, provare sempre a rialzarsi e squarciare il velo del pregiudizio.

Questo lo dobbiamo a Sonia e a tutti gli ammalati di infelicità che come lei, ogni giorno, combattono la loro battaglia quotidiana contro quelli del Belpensiero.

E da oggi, ogni volta che mi imbatterò in una panchina, questa non sarà per me più soltanto una semplice seduta ma la guarderò con occhi diversi, perché “sopra e sotto queste benedette panchine scorrono…la saggezza del folle, i colori del cieco, l’abbraccio degli amputati, i balli del claudicante e passa la voce del sordomuto”. Insomma sopra di esse passa la vita con tutte le sue splendide contraddizioni.